mercoledì 20 novembre 2013

Ci siamo trasferiti

Ci siamo trasferiti su http://democraziaesovranita.blogspot.it/ il progetto italiasedesta vuole crescere e far parte di un movimento di informazione più ampio..continueremo a pubblicare regolarmente sul nuovo blog e non smetteremo mai di combattere l'[€...Andiamo avanti.

Sapir: Le aspettative di miglioramento dell'economia sono del tutto infondate!! La colpa è dell'Euro ecco i dati.

Jacques Sapir nel suo blog Russeurope spiega, come sempre dati alla mano, le ragioni per cui le aspettative di miglioramento dell'economia francese e degli altri paesi dell'Eurozona siano del tutto infondate, e sottolinea l'urgenza di una dissoluzione della moneta unica per evitare la incombente deindustrializzazione: è ormai una questione di vita o di morte del paese...




L'ulteriore deterioramento della situazione economica - la Francia ha registrato un calo del PIL dello 0,1% nel terzo trimestre del 2013 - ha preso il governo francese in contropiede. Infatti, si attendeva un ulteriore miglioramento della situazione economica sulla base dei risultati registrati nel secondo trimestre. La ricaduta nel 3° trimestre suona la campana a morte per queste aspettative.

Vediamo infatti che l'economia francese non è uscita dalla stagnazione in cui si dibatte da quasi due anni ormai. Da questo punto di vista, l'analisi dei fattori che contribuiscono alla crescita del PIL è estremamente illuminante. La crescita è trainata solo dal movimento delle scorte. Ma è chiaro che questo movimento, che compensa le forti contrazioni di fine 2011 e 2012, non può continuare nel quarto trimestre. I consumi delle famiglie rimangono fermi e questo per due ragioni: i redditi vengono abbattuti dall'aumento del prelievo fiscale e lo saranno ancora di più con l'aumento dell'IVA all'inizio del 2014, e le preoccupazioni riguardo la politica del governo in materia di pensioni spingono le famiglie a non spendere i propri risparmi. Inoltre, ci sono due fattori che spingono il PIL verso il basso, il saldo della bilancia commerciale (che è parzialmente responsabile degli scarsi risultati del terzo trimestre) e gli investimenti.

Grafico 1
Fonte : INSEE : « Nel terzo trimestre del 2013 il PIL cala leggermente»

L'evoluzione del saldo della bilancia commerciale era prevedibile, poiché su di essa pesano diversi fattori. In primo luogo c'è il tasso di cambio dell'Euro contro il dollaro, che penalizza soprattutto l'economia francese, la quale intrattiene molti rapporti commerciali al di fuori dell'area dell'Euro.

Siamo uno dei paesi meno integrati nell’eurozona. Ma dobbiamo vedere nel deterioramento di questi risultati gli effetti delle politiche di svalutazione interna che alcuni dei nostri vicini, come la Spagna, il Portogallo e persino, in qualche misura, l'Italia, sono stati obbligati a intraprendere. La diminuzione del costo dei salari, ottenuta in maniera molto brutale con una politica dai risultati spaventosi in materia di occupazione (in Spagna e Portogallo) e di crescita (per l'insieme di tutti questi paesi), ha migliorato la loro competitività a nostro discapito. Questo sarebbe tollerabile se noi potessimo, a nostra volta, migliorare la nostra competitività rispetto alla Germania, le cui eccedenze commerciali destabilizzano l'economia europea, ma anche rispetto a quei paesi le cui valute sono indicizzate, più o meno direttamente, al dollaro. Se vogliamo impegnarci anche noi in un esercizio di svalutazione interna, come vuole l'opposizione (perché questa è in effetti la ricetta proposta dai signori Fillon, Copé e Le Maire dell'UMP) dobbiamo aspettarci un calo del PIL, a causa di un crollo dei consumi, e un'esplosione della disoccupazione, che potrebbe salire rapidamente al 16-18% della popolazione attiva. Il futuro sembra essere ridotto a questa alternativa: o un lento degrado con l'attuale politica socialista, o un molto prevedibile disastro con la politica proposta dall'opposizione.

È chiaro, tuttavia, che esiste un'alternativa: la dissoluzione dell'area dell'Euro. Riconsegnare ai paesi la loro sovranità monetaria e la possibilità di svalutare, consentirebbe istantaneamente un riallineamento della competitività francese, sia rispetto ai paesi che adottano il dollaro, sia rispetto alla Germania, e un aggiustamento dei paesi dell'Europa del sud rispetto alla Germania, ma anche in rapporto alla Francia. Se seguiamo i movimenti delle parità di cambio necessari per riequilibrare i saldi della bilancia commerciale, che implicano una svalutazione nell'Europa del sud maggiore che in Francia, ma per quest'ultima una svalutazione del 23%, vediamo che gli effetti sarebbero molto positivi per tutti questi paesi, Francia inclusa. La maggiore svalutazione della Spagna, dell'Italia e del Portogallo, sarebbe infatti più che compensata dalla svalutazione rispetto al dollaro e al 'nuovo' marco tedesco. Questi calcoli sono stati fatti nell'opuscolo Gli scenari di dissoluzione dell’eurozona, pubblicato dalla Fondazione Res Publica lo scorso settembre. Ricordiamo che essi includono l'effetto dell'aumento dei prezzi dell'energia e delle importazioni, ma anche i cosiddetti effetti "di secondo grado", ossia l’aumento delle importazioni indotte da un aumento delle esportazioni causate dal miglioramento significativo della nostra competitività. Infatti, la dissoluzione dell'eurozona appare come una politica vincente non solo per la Francia, ma anche per i paesi dell'Europa meridionale. In queste circostanze, non dobbiamo temere un effetto di svalutazione competitiva, perché l'impatto delle svalutazioni che sono state simulate è molto positivo per tutti questi paesi. 
Per la sola Francia, la crescita potrebbe aumentare del 20% nei tre o quattro anni successivi a questa dissoluzione dell'eurozona, mentre la creazione di posti di lavoro potrebbe essere tra 1 e 2,5 milioni. Al contrario, la continuazione della politica attuale si traduce in una costante erosione dell'occupazione. Non solo non abbiamo ancora raggiunto i livelli di occupazione precedenti la crisi nel 2007, ma possiamo constatare che l’occupazione nell'industria è in un declino molto allarmante fin dal 2002.

Grafico 2
Fonte : INSEE, indagine sull'occupazione.

Qui viene misurato l'impatto della deindustrializzazione provocata dall'Euro, impatto connesso sia con la perdita di competitività rispetto alla Germania (che ha intrapreso per prima una svalutazione interna, violando il contratto implicito su cui si basa l'Euro) sia con la perdita di competitività rispetto al dollaro collegata al significativo apprezzamento dell'Euro contro il dollaro iniziato nel 2003. In un certo senso, la dissoluzione della zona Euro permetterebbe di 'azzerare i contatori' sia in relazione alla Germania sia rispetto ai paesi dell'area del dollaro.

L'attuale politica ha, inoltre, un aspetto molto preoccupante: il declino degli investimenti produttivi (gli investimenti fissi lordi) che osserviamo dal 2000. Questo declino è particolarmente forte dal 2012 e tende a riportare il volume degli investimenti al livello che aveva nel 1997.

Grafico 3
Formation Brute de Capital Fixe, indice 100 = 1997



Ora, questo significa che rispetto ad uno stock di capitale (perché l’investimento è un flusso) che è aumentato dal 1997, il rinnovo del capitale produttivo in Francia avviene ora sempre più lentamente. Questo si traduce in un rallentamento degli incrementi di produttività, ma anche in un minor grado di innovazione dell'economia dato che, perché le innovazioni si materializzino, esse richiedono un forte investimento produttivo. Questo processo, sopravvenuto dopo lo shock della crisi del 2008, e dopo i cali negli investimenti che si sono verificati durante la transizione all'Euro, compromette seriamente le prospettive di crescita futura per il nostro paese. La crescita sarà possibile nei prossimi anni, assumendo di invertire questo trend di investimento dal 2014, solo con un fortissimo aumento della competitività, aumento che si può avere solo con un forte deprezzamento della nostra moneta rispetto alla valuta della Germania e al dollaro, ossia con una dissoluzione dell'euro. Si può anche sostenere che l'inversione dell’attuale trend di investimento sarà possibile solo dopo un forte deprezzamento del tasso di cambio e una dissoluzione dell'area euro. Infatti, solo una forte crescita, quale quella che si può verificare nel caso di una dissoluzione dell'euro e del deprezzamento della nostra moneta, produrrà gli incentivi sufficienti agli imprenditori privati per investire massicciamente. Si noti che questo vale anche per l’innovazione e la ricerca applicata. Se il processo di deindustrializzazione del nostro paese va avanti, vedremo i centri di ricerca delocalizzarsi per seguire le fabbriche in cui si utilizzano i loro servizi. Infatti, non ci può essere ricerca applicata senza produzione.

La dissoluzione dell'eurozona, il ritorno alla nostra sovranità monetaria e un forte deprezzamento della nostra moneta sono necessari ormai da diversi anni. I lettori che mi seguono sanno che lo dico pubblicamente dal 2006 [1]. Queste cose sono ormai assolutamente imperative per la sopravvivenza dell'economia francese a breve termine. Il rischio di distruzione del nostro tessuto produttivo da qui a tre anni è diventato tale che dobbiamo agire o morire. Più aspetteremo, più il costo di una politica di ritorno alla crescita e all'occupazione sarà alto, più i fenomeni di dissociazione del nostro tessuto sociale a causa di un aumento importante della disoccupazione saranno gravi.

Da questo punto di vista è abbastanza grave vedere un autore con cui possiamo ritrovarci su molte idee e posizioni come Jacques Généraux, continuare il suo voltafaccia su questo argomento in un articolo recente [2]. In questo articolo le posizioni che lui difende sull'euro sono in primo luogo economicamente sbagliate. Sì, la crisi è dovuta all'euro. I due argomenti in 'difesa' dell'euro sono totalmente in cattiva fede: (i) “la deregolamentazione della finanza, che ha portato ad una profusione di titoli tossici e speculazione» e (ii) “l’impropria distribuzone della ricchezza per più di 30 anni: non abbiamo interrotto la compressione delle remunerazioni del reddito da lavoro, a beneficio degli alti redditi e delle rendite finanziarie (le quali nutrono la speculazione).” Questi argomenti sono anzitutto parziali. Si tace sull'accumulo eccessivo delle eccedenze commerciali della Germania e sul fatto che, con la moneta unica, abbiamo perso il modo principale e più efficace per ristabilire regolarmente la nostra competitività. Jacques Généreux non è disposto a vedere che quando i paesi hanno diversi tassi di inflazione strutturali, come è il caso dell’Europa, e cercano di coesistere in una moneta unica, ciò non può che condurre alle catastrofi economiche e sociali che egli stesso denuncia. Inoltre, questi stessi argomenti si ritorcono contro di lui, perché in realtà essi sono indotti dall'euro. Se le banche europee si sono imbottite di titoli tossici americani, è a causa della crescita più bassa dell'Europa (a causa dell'eurozona) rispetto agli Stati Uniti. A causa del gap di crescita, e oggi possiamo ben affermare che esso deriva direttamente dall'euro, le banche europee non avrebbero potuto mantenere la loro posizione competitiva sulla base esclusivamente di titoli europei. È l'Euro che, indirettamente, li ha spinti a comprare titoli tossici americani. Inoltre, dire che non c'è nessun collegamento causale tra la distribuzione della ricchezza nell’eurozona e l'euro, sia per quanto riguarda la distribuzione tra i paesi membri che la distribuzione all'interno dei singoli paesi a seguito delle politiche di "svalutazione interna" (a cominciare dalla Germania) è una menzogna che sconfina verso la sfacciata malafede.

Poi, Jacques Généreux continua a ripetere a pappagallo la vecchia antifona sulle svalutazioni competitive. Riprendiamo le sue parole:“Rischiamo allora di assistere a uscite in serie: la Grecia, poi il Portogallo, la Spagna, l’Italia e anche la Francia: essa non sarà in grado di far fronte né alla competitività tedesca né alla ritrovata competitività – tramite svalutazione - dei paesi del sud. Nell'area dell'euro sarebbe l’inizio del caos. E se tutto il mondo svaluta, dov'è il guadagno? Entriamo in una logica di guerra economica"[3]

Cosa succede in caso di svalutazione a cascata, in realtà? Il primo paese ad uscire avrebbe un leggero vantaggio, ma nel giro di due anni, tutti i paesi usciti dall’euro beneficerebbero di questa uscita. L'analisi dell’elasticità di prezzo dimostra che esistono livelli ottimali di deprezzamento delle monete. Sì, tutto il mondo dovrebbe svalutare (ad eccezione della Germania), ma queste svalutazioni si differenzieranno a causa dell'esistenza di questi livelli ottimali che si possono calcolare sia per la Francia che per l’Italia e la Spagna.Questo argomento non vale niente e serve solo a insistere pesantemente sui cosiddetti "svantaggi" di una dissoluzione dell'euro che, nel suo intimo, Jacques Généreux rifiuta. Sarebbe più onesto e più chiaro per tutti che egli assumesse in pieno la sua posizione. 

Questa posizione, tra l’altro, è politicamente disastrosa perché impedisce agli elettori del Fronte di Sinistra e anche a gran parte degli elettori socialisti di vedere la dimensione centrale che oggi occupa l'euro in quanto strumento delle politiche di austerità e di deflazione in Europa.

L'euro è uno strumento economico, perché impedisce l'attuazione di politiche economiche per la crescita e l'occupazione. È uno strumento politico perché serve a giustificare le politiche di austerità e l'”imitazione” suicida della Germania (come si parlava nel XVII secolo di una “imitazione di Gesù Cristo”). Esso è infine uno strumento simbolico perché giustifica, nel campo delle rappresentazioni, le cessioni della sovranità a Bruxelles, cessioni che sono strumenti istituzionali per imporre queste politiche di austerità e di deflazione.

Oggi è chiaro che la questione si concentra sull'Euro, e la posizione di Jacques Généreux (e con lui senza dubbio del Fronte di Sinistra), a prescindere dalle giuste spiegazioni fornite sugli effettidelle politiche di austerità, poiché trasmette quest’enorme confusione politica ed economica, finisce per disarmare le classi popolari e le prepara a capitolare completamente.L'Euro è ormai irrecuperabile ed è un punto di chiusura essenziale della camicia di forza che stritola le economie del sud Europa. Più velocemente ce ne libereremo e meglio sarà, non solo per i francesi, ma anche per la maggioranza degli europei.

[1] « La crisi dell'euro: Errori e stalli dell'europeismo» in Prospettive repubblicane, n°2, Giugno 2006, pp. 69-84[2] Rue89, Jacques Généreux : la priorità è salvare l'Europa, non l'euro, URL :http://www.rue89.com/2013/11/16/jacques-genereux-priorite-cest-sauver-leurope-leuro-247475?imprimer=1


Fonte e ringraziamenti: http://vocidallestero.blogspot.it

Sapir: Le aspettative di miglioramento dell'economia sono del tutto infondate!! La colpa è dell'Euro ecco i dati.

Jacques Sapir nel suo blog Russeurope spiega, come sempre dati alla mano, le ragioni per cui le aspettative di miglioramento dell'economia francese e degli altri paesi dell'Eurozona siano del tutto infondate, e sottolinea l'urgenza di una dissoluzione della moneta unica per evitare la incombente deindustrializzazione: è ormai una questione di vita o di morte del paese...




L'ulteriore deterioramento della situazione economica - la Francia ha registrato un calo del PIL dello 0,1% nel terzo trimestre del 2013 - ha preso il governo francese in contropiede. Infatti, si attendeva un ulteriore miglioramento della situazione economica sulla base dei risultati registrati nel secondo trimestre. La ricaduta nel 3° trimestre suona la campana a morte per queste aspettative.

Vediamo infatti che l'economia francese non è uscita dalla stagnazione in cui si dibatte da quasi due anni ormai. Da questo punto di vista, l'analisi dei fattori che contribuiscono alla crescita del PIL è estremamente illuminante. La crescita è trainata solo dal movimento delle scorte. Ma è chiaro che questo movimento, che compensa le forti contrazioni di fine 2011 e 2012, non può continuare nel quarto trimestre. I consumi delle famiglie rimangono fermi e questo per due ragioni: i redditi vengono abbattuti dall'aumento del prelievo fiscale e lo saranno ancora di più con l'aumento dell'IVA all'inizio del 2014, e le preoccupazioni riguardo la politica del governo in materia di pensioni spingono le famiglie a non spendere i propri risparmi. Inoltre, ci sono due fattori che spingono il PIL verso il basso, il saldo della bilancia commerciale (che è parzialmente responsabile degli scarsi risultati del terzo trimestre) e gli investimenti.

Grafico 1
Fonte : INSEE : « Nel terzo trimestre del 2013 il PIL cala leggermente»

L'evoluzione del saldo della bilancia commerciale era prevedibile, poiché su di essa pesano diversi fattori. In primo luogo c'è il tasso di cambio dell'Euro contro il dollaro, che penalizza soprattutto l'economia francese, la quale intrattiene molti rapporti commerciali al di fuori dell'area dell'Euro.

Siamo uno dei paesi meno integrati nell’eurozona. Ma dobbiamo vedere nel deterioramento di questi risultati gli effetti delle politiche di svalutazione interna che alcuni dei nostri vicini, come la Spagna, il Portogallo e persino, in qualche misura, l'Italia, sono stati obbligati a intraprendere. La diminuzione del costo dei salari, ottenuta in maniera molto brutale con una politica dai risultati spaventosi in materia di occupazione (in Spagna e Portogallo) e di crescita (per l'insieme di tutti questi paesi), ha migliorato la loro competitività a nostro discapito. Questo sarebbe tollerabile se noi potessimo, a nostra volta, migliorare la nostra competitività rispetto alla Germania, le cui eccedenze commerciali destabilizzano l'economia europea, ma anche rispetto a quei paesi le cui valute sono indicizzate, più o meno direttamente, al dollaro. Se vogliamo impegnarci anche noi in un esercizio di svalutazione interna, come vuole l'opposizione (perché questa è in effetti la ricetta proposta dai signori Fillon, Copé e Le Maire dell'UMP) dobbiamo aspettarci un calo del PIL, a causa di un crollo dei consumi, e un'esplosione della disoccupazione, che potrebbe salire rapidamente al 16-18% della popolazione attiva. Il futuro sembra essere ridotto a questa alternativa: o un lento degrado con l'attuale politica socialista, o un molto prevedibile disastro con la politica proposta dall'opposizione.

È chiaro, tuttavia, che esiste un'alternativa: la dissoluzione dell'area dell'Euro. Riconsegnare ai paesi la loro sovranità monetaria e la possibilità di svalutare, consentirebbe istantaneamente un riallineamento della competitività francese, sia rispetto ai paesi che adottano il dollaro, sia rispetto alla Germania, e un aggiustamento dei paesi dell'Europa del sud rispetto alla Germania, ma anche in rapporto alla Francia. Se

martedì 19 novembre 2013

Grillo che c***o stai facendo? Perchè vai contro la Le Pen e Orban?


_ZIF4827.JPG
Ieri sul blog di Beppe Grillo è comparso questo post dove, il comico-politico genovese, ha dichiarato che la cattiva gestione della crisi europea stia spianando la strada al ritorno del fascismo in Europa; citando inoltre Alba Dorata, Marine Le Pen e Viktor Orban.
qui l’articolo completo (link diretto)
Le oligarchie finanziarie si baloccano con governi compiacenti o direttamente imposti da loro. Infatti la BCE ha ormai il potere di influenzare la composizione dei governi nazionali. Questi alchimisti dello spread evocano una nuova guerra santa contro i “populismi” rei di mettere in discussione un’architettura economica costruita sopra le teste dei cittadini, un atto profondamente anti democratico. La povertà e la disoccupazione dilagano ovunque in Europa insieme a un’emigrazione incontrollata dall’Africa e dall’Est dell’area Schenghen, a cui non aderisce la Gran Bretagna che sta studiando nuove limitazioni agli ingressi e sospesa in Danimarca, ennesimo fallimento della UE. La Grecia è stata lasciata morire dai “fratelli” europei, sacrificata sull’altare delle banche tedesche e francesi che volevano indietro la loro “libbra di carne”. Questa Europa non è basata sulla solidarietà, chi sbaglia paga e paga fino in fondo. Fino alla spoliazione dei beni dello Stato, con la distruzione del tessuto sociale, dei servizi di prima necessità, come la sanità. E’ quello che sta avvenendo ai greci abbandonati alla loro sorte come degli appestati. L’Europa sta diventando un lazzaretto. Chi si ammala è lasciato alla sua sorte. Che razza di Europa è questa? Assomiglia a quelle riunioni di mafiosi in cui chi sgarra viene assassinato. Solidarietà doveva essere la prima parola, il primo mattone dell’edificio europeo. Non è stato così. Non è così. I garanti dello status quo ormai insopportabile, in Italia la coppia al comando è Napolitano – Letta, continuano imperturbabili nelle loro convinzioni ignorando il mondo che gli sta crollando intorno. Indifferenti a un mostro che si sta svegliando e che sarà difficile, quasi impossibile, rinchiudere nelle gabbie del suo passato se diventerà più forte. Per questi finti democratici, tutori dei loro interessi personali, collegati con la finanza e non con il popolo che disprezzano sta suonando la campana a martello. Purtroppo, oltre che per loro, rischia di suonare per le democrazie. Il fascismo sta avanzando grazie a questi sciagurati in tutta Europa. Un sondaggio di ieri dà Alba Dorata primo partito in Grecia con il 26%, in Francia il Front National di Marine Le Pen è dato come primo partito dalla sua nascita con il 24%, in Norvegia ha vinto il Partito conservatore insieme all’affermazione del Partito del progresso, nel quale militò Anders Breivik, responsabile dell’uccisione di 77 persone. In Ungheria il governo di estrema destra ha stilato una lista nera di personalità che avrebbero fornito ai media stranieri informazioni contro l’immagine dell’Ungheria. Viktor Orban, il primo ministro, ha cambiato la Costituzione minando l’indipendenza della Banca centrale, l’autonomia della magistratura e dell’autorità garante della privacy e ha come obiettivo la Grande Ungheria nazionalista. Quali sono le cause della nascita dei nuovi fascismi? Chi sono i veri responsabili? Chi ha tradito la democrazia?
Ora, che la politica assurda imposta dall’UE ai paesi del Sud stia spingendo movimenti antisistema è senza dubbio vero, ma che questo sia un male mi permetterei di metterlo come minimo in discussione.
Grillo non si rende conto che quello che lui ha detto su questi movimenti, all’estero (ma anche in Italia), potrebbero dirlo tranquillamente su di lui. E’ ridicolo.
Inoltre, analizzando gli esempi fatti, se un po’ di cautela nei confronti di Alba Dorata sarebbe comprensibile,  ben diverso è il discorso già con Marine Le Pen, una donna relativamente giovane che ha rinnovato un movimento profondamente nostalgico e che rifiuta la dicotomia destra-sinistra. Quale fascismo potrebbe portare Marine Le Pen, ma Grillo ha mai letto il programma di Front National? Si può veramente aver paura di Marine Le Pen? Parliamone. Io dico di no. E anche molti francesi.
Capitolo Orban. Di solito chi scrive sul premier ungherese è un ignorante disinformato. L’Ungheria è un piccolo stato con una lingua praticamente inaccessibile, tutte le notizie che arrivano a noi non sono verificabili e spesso vengono
distorte a piacimento.
Per esempio, visto che di solito parlo di Euro, nessuno vi ha mai detto che l’Ungheria sta vivendo una buona ripresa economica (PIL +1,7%, Debito/PIL 79% in calo, Deficit/PIL 2%), sta riassorbendo la disoccupazione e la loro valuta, il fiorino ungherese, regge il mercato senza troppi problemi, i tempi del FMI sono un ricordo. Vivendo a Budapest per 6 mesi ho potuto tastare con mano una popolazione serena, laboriosa ed ordinata, chi pensa che Orban sia un dittatore autocrate non sa di cosa parla o è in malafede.
Viktor Orban è alla seconda esperienza di governo dopo quella del 1998-2002 (poi ha perso le elezioni, quale autocrate perde le elezioni?).
Ha rivinto, nel 2010, in maniera schiacciante, ottenendo una maggioranza bulgara, oltre il 50% dei consensi. Questi voti li ha utilizzati per fare delle importanti riforme. Ha riportato la Banca Centrale sotto controllo del Governo (attirandosi questo articolo moderato), ha riformato la costituzione, la giustizia, l’istruzione ecc. Ha fatto ciò che si chiede ad un governante regolarmente eletto. HA GOVERNATO. L’anno prossimo si presenterà di nuovo ad elezioni e vedremo i risultati, su quelli misureremo l’apprezzamento, che a chi scrive risulta molto alto.
Allego infine uno dei commenti nel blog di Grillo all’ultimo articolo sopracitato che trovo particolarmente interessante e condivisibile.
Fino a quando Grillo continuerà ad inserire tra indubbie verità alcune menzogne sarà sempre meno credibile. Parlare male dell’Ungheria di Orban significa mentire, e lo dico da persona che conosce bene l’Ungheria, dove Orban è amato, ma che dico, amatissimo, pressoché da tutta la popolazione. Quello che il blog di Grillo definisce un estremista è in realtà un moderato che combatte contro quelle lobby europee che anche Grillo dice di combattere. Continuare a parlare male di Orban significa continuare sulla strada di quell’estremismo di sinistra, in linea con i parlamentari del Movimento eletti in Parlamento, che sta distruggendo il Movimento e facendo perdere ogni voto moderato che Grillo aveva raccolto nel febbraio 2013.

Fonte e ringraziamenti:  http://scenarieconomici.it

Grillo che c***o stai facendo? Perchè vai contro la Le Pen e Orban?


_ZIF4827.JPG
Ieri sul blog di Beppe Grillo è comparso questo post dove, il comico-politico genovese, ha dichiarato che la cattiva gestione della crisi europea stia spianando la strada al ritorno del fascismo in Europa; citando inoltre Alba Dorata, Marine Le Pen e Viktor Orban.
qui l’articolo completo (link diretto)
Le oligarchie finanziarie si baloccano con governi compiacenti o direttamente imposti da loro. Infatti la BCE ha ormai il potere di influenzare la composizione dei governi nazionali. Questi alchimisti dello spread evocano una nuova guerra santa contro i “populismi” rei di mettere in discussione un’architettura economica costruita sopra le teste dei cittadini, un atto profondamente anti democratico. La povertà e la disoccupazione dilagano ovunque in Europa insieme a un’emigrazione incontrollata dall’Africa e dall’Est dell’area Schenghen, a cui non aderisce la Gran Bretagna che sta studiando nuove limitazioni agli ingressi e sospesa in Danimarca, ennesimo fallimento della UE. La Grecia è stata lasciata morire dai “fratelli” europei, sacrificata sull’altare delle banche tedesche e francesi che volevano indietro la loro “libbra di carne”. Questa Europa non è basata sulla solidarietà, chi sbaglia paga e paga fino in fondo. Fino alla spoliazione dei beni dello Stato, con la distruzione del tessuto sociale, dei servizi di prima necessità, come la sanità. E’ quello che sta avvenendo ai greci abbandonati alla loro sorte come degli appestati. L’Europa sta diventando un lazzaretto. Chi si ammala è lasciato alla sua sorte. Che razza di Europa è questa? Assomiglia a quelle riunioni di mafiosi in cui chi sgarra viene assassinato. Solidarietà doveva essere la prima parola, il primo mattone dell’edificio europeo. Non è stato così. Non è così. I garanti dello status quo ormai insopportabile, in Italia la coppia al comando è Napolitano – Letta, continuano imperturbabili nelle loro convinzioni ignorando il mondo che gli sta crollando intorno. Indifferenti a un mostro che si sta svegliando e che sarà difficile, quasi impossibile, rinchiudere nelle gabbie del suo passato se diventerà più forte. Per questi finti democratici, tutori dei loro interessi personali, collegati con la finanza e non con il popolo che disprezzano sta suonando la campana a martello. Purtroppo, oltre che per loro, rischia di suonare per le democrazie. Il fascismo sta avanzando grazie a questi sciagurati in tutta Europa. Un sondaggio di ieri dà Alba Dorata primo partito in Grecia con il 26%, in Francia il Front National di Marine Le Pen è dato come primo partito dalla sua nascita con il 24%, in Norvegia ha vinto il Partito conservatore insieme all’affermazione del Partito del progresso, nel quale militò Anders Breivik, responsabile dell’uccisione di 77 persone. In Ungheria il governo di estrema destra ha stilato una lista nera di personalità che avrebbero fornito ai media stranieri informazioni contro l’immagine dell’Ungheria. Viktor Orban, il primo ministro, ha cambiato la Costituzione minando l’indipendenza della Banca centrale, l’autonomia della magistratura e dell’autorità garante della privacy e ha come obiettivo la Grande Ungheria nazionalista. Quali sono le cause della nascita dei nuovi fascismi? Chi sono i veri responsabili? Chi ha tradito la democrazia?
Ora, che la politica assurda imposta dall’UE ai paesi del Sud stia spingendo movimenti antisistema è senza dubbio vero, ma che questo sia un male mi permetterei di metterlo come minimo in discussione.
Grillo non si rende conto che quello che lui ha detto su questi movimenti, all’estero (ma anche in Italia), potrebbero dirlo tranquillamente su di lui. E’ ridicolo.
Inoltre, analizzando gli esempi fatti, se un po’ di cautela nei confronti di Alba Dorata sarebbe comprensibile,  ben diverso è il discorso già con Marine Le Pen, una donna relativamente giovane che ha rinnovato un movimento profondamente nostalgico e che rifiuta la dicotomia destra-sinistra. Quale fascismo potrebbe portare Marine Le Pen, ma Grillo ha mai letto il programma di Front National? Si può veramente aver paura di Marine Le Pen? Parliamone. Io dico di no. E anche molti francesi.
Capitolo Orban. Di solito chi scrive sul premier ungherese è un ignorante disinformato. L’Ungheria è un piccolo stato con una lingua praticamente inaccessibile, tutte le notizie che arrivano a noi non sono verificabili e spesso vengono

Il prof.Luiz Carlos Bresser denuncia: La maledizione è l'Euro!



Luiz Carlos Bresser - Pereira

La creazione dell'euro è stato un errore per il quale i paesi europei stanno pagando a caro prezzo. 
La soluzione più razionale è l'interruzione concertata dell'Euro. 
Nel mese di maggio del prossimo anno ci saranno le elezioni al Parlamento europeo, e molti analisti prevedono una grande escalation di partiti di estrema destra ,caratterizzata da nazionalismo xenofobo, il rifiuto degli immigrati , e "Euroscetticismo". 
Questo è comprensibile . 
Se confrontiamo il supporto per l'integrazione europea misurata con il modo in cui ogni popolo guarda la sua partecipazione alla Unione Europea , il decremento di tale sostegno è impressionante. 
Prendendo il periodo 2007-2013, come riferimenti , la partecipazione dei Paesi Bassi nell'Unione europea era considerata una cosa buona per il 75 % degli intervistati , sceso al 28% nel 2013; in Spagna, le percentuali corrispondenti sono il 75 % e il 20 %, in Germania , 68 % e 37 %, in Francia , 52 % e 33 %, in Italia , il 50 % e il 35 % , e nel Regno Unito , il 38 % e il 20 % ( Eurobarometro , Gallup - FT , 16 Ottobre 2013 ) .
La ragione di questo brutale declino nel sostegno dell'Unione europea è chiara: è la crisi dell'euro. 
I problemi causati dal grave errore nell'adozione di una moneta comune, ha di fatto comportato che i paesi del Sud Eurozona e l'Irlanda siano in recessione o visto i loro tassi di crescita crollare bruscamente, che i paesi della zona euro del Nord, guidati dalla Germania, hanno visto i loro tassi di crescita diminuire anch'essi.

Le ragioni della crisi non sono quelle dei tassi fiscali ne derivate da deficit pubblico, ma sono le ragioni di scambio da deficit delle partite correnti . 
Il fatto scatenante è che i " tassi di cambio interni " dei paesi del Sud , tra cui la Francia, hanno apprezzato il loro tasso rispetto a quello dell' "euro tedesco", perché , nel 2003 , i Tedeschi entrarono crearono un contratto sociale in base al quale i lavoratori accettarono di non avere aumenti salariali in cambio della sicurezza di un lavoro, mentre nei paesi del Sud tale accordo non è stato fatto. 
Di conseguenza, l'unità di costo del lavoro ( salari medi divisi per produttività ) è aumentata in quei paesi rispetto alla Germania fino al 2010 , quando è scoppiata la crisi.
Se i paesi del Sud avessero avuto le proprie valute , l'aggiustamento di questo squilibrio sarebbe stato semplice: sarebbe stato sufficiente svalutare le loro valute in relazione al valuta tedesca. 
Dal momento che hanno una moneta comune , la soluzione è o un sospensione concordata dell'Euro o la "svalutazione interna", che significa, recessione, disoccupazione , e un calo dei salari reali . 
E 'questa la politica economica che è in corso di adozione sotto il comando di Germania, della Banca centrale europea e del Fondo monetario internazionale.
È chiaro che la creazione dell'euro fosse un errore che i paesi europei stanno pagando a caro prezzo. 
La soluzione razionale è la concertazione per la sospensione del l'euro . 
L'Unione europea potrà essere salvata ma solo dopo la sospensione. 
Per far ciò abbiamo bisogno del coraggio dei paesi del Sud , in particolare dei loro leader dei loro capi di stato, e la volontà della Germania di raggiungere un accordo, anche se nessuno oggi sembra disponibile e pronto per fare questo in Europa .

La situazione dei paesi della zona euro mi ricorda molto la situazione dell'Argentina e il suo "piano de convertibilidad ". Fu necessaria una enorme crisi per sciogliere il Peso dal Dollaro. 
Ora stiamo vedendo l'Euro dei paesi del Sud legato all' "euro tedesco" e , a quanto pare , solo una enorme crisi potrebbe portare gli Europei a sbarazzarsi di questa maledizione che è la moneta comune europea .

Il prof.Luiz Carlos Bresser denuncia: La maledizione è l'Euro!



Luiz Carlos Bresser - Pereira

La creazione dell'euro è stato un errore per il quale i paesi europei stanno pagando a caro prezzo. 
La soluzione più razionale è l'interruzione concertata dell'Euro. 
Nel mese di maggio del prossimo anno ci saranno le elezioni al Parlamento europeo, e molti analisti prevedono una grande escalation di partiti di estrema destra ,caratterizzata da nazionalismo xenofobo, il rifiuto degli immigrati , e "Euroscetticismo". 
Questo è comprensibile . 
Se confrontiamo il supporto per l'integrazione europea misurata con il modo in cui ogni popolo guarda la sua partecipazione alla Unione Europea , il decremento di tale sostegno è impressionante. 
Prendendo il periodo 2007-2013, come riferimenti , la partecipazione dei Paesi Bassi nell'Unione europea era considerata una cosa buona per il 75 % degli intervistati , sceso al 28% nel 2013; in Spagna, le percentuali corrispondenti sono il 75 % e il 20 %, in Germania , 68 % e 37 %, in Francia , 52 % e 33 %, in Italia , il 50 % e il 35 % , e nel Regno Unito , il 38 % e il 20 % ( Eurobarometro , Gallup - FT , 16 Ottobre 2013 ) .
La ragione di questo brutale declino nel sostegno dell'Unione europea è chiara: è la crisi dell'euro. 
I problemi causati dal grave errore nell'adozione di una moneta comune, ha di fatto comportato che i paesi del Sud Eurozona e l'Irlanda siano in recessione o visto i loro tassi di crescita crollare bruscamente, che i paesi della zona euro del Nord, guidati dalla Germania, hanno visto i loro tassi di crescita diminuire anch'essi.

Le ragioni della crisi non sono quelle dei tassi fiscali ne derivate da deficit pubblico, ma sono le ragioni di scambio da deficit delle partite correnti . 
Il fatto scatenante è che i " tassi di cambio interni " dei paesi del Sud , tra cui la Francia, hanno apprezzato il loro tasso rispetto a quello dell' "euro tedesco", perché , nel 2003 , i Tedeschi entrarono crearono un contratto sociale in base al quale i lavoratori accettarono di non avere aumenti salariali in cambio della

lunedì 18 novembre 2013

PAUL KRUGMAN E IL “FRATELLO DRAGHI CHE SBAGLIA”




Non esiste in Italia un giornale che non sia complice del piano di sterminio in danno del popolo italiano. Con sensibilità e approcci differenti, tutte le principali testate hanno lavorato con malizia e astuzia per nascondere ai cittadini le vere finalità insiste in quelle politiche di austerità falsamente spacciate quale unico rimedio per uscire da un crisi inafferrabile. Secoli di storia dell’economia dimostravano con chiarezza l’assurdità di alcune ricette,dolorose quanto necessarie, imposte da partiti corrotti ed etero-diretti dall’esterno “per il bene del Paese”. Finalmente in molti cominciano a capire che la crisi altro non è se non un grimaldello strumentale, maneggiato da élite schiaviste e assassine, utile per distruggere secoli di progresso, civiltà e uguaglianza. 
Naturalmente l’informazione italiana, controllata in massima parte dalla massoneria reazionaria, copre questo disumano progetto politico con accenti, metodi e sfumature differenti. I complici cartacei del neonazismo tecnocratico oggi dominante in Europa si dividono fondamentalmente in due macrocategorie: da una parte i killer diretti e consapevoli in stile Ferruccio de Bortoli e il Corriere della Sera; dall’altra i sadici mascherati e fintamente pietosi che si aggirano dalle parti di Repubblica. Il risultato di insieme è ottimo, perché la pubblica opinione finisce con l’essere stordita attraverso un sapiente gioco delle parti. Il Corriere mena, mentre la Repubblica maschera cause e autori del massacro. Siamo di fronte cioè alla trasposizione su un piano differente di quell’ipocrita rituale che abbiamo già analizzato con riguardo ad alcune figure politiche fintamente critiche e progressiste (clicca per leggere). 
Mi sono accorto di preferire i malvagi a viso aperto anziché quelli propensi a versare di continuo copiose lacrime di coccodrillo. I vari Giavazzi, Alesina,Sergio Romano e Antonio Polito, perlomeno, non si sforzano di apparire migliori di quello che sono. Credono nella costruzione di una società fondata sul sopruso, lo sfruttamento e la barbarie esercitata con la forza della violenza economica da una ristretta aristocrazia finanziaria cementata da comuni appartenenze massonico-reazionarie e, coerentemente, usano la penna (a pagamento) per favorire il rapido trionfo di quei progetti meschini e ideologicamente nazisti che hanno intimamente sposato. 
Questi tipi fanno tornare alla mente il fortunato slogan di quella famosa campagna pubblicitaria andata in onda agli inizio degli anni novanta per sensibilizzare i cittadini contro il pericolo Aids: “Se lo conosci lo eviti”. 
Conoscere le vere e recondite intenzionalità perseguite dalle melliflue penne che lavorano sotto l’illuminato controllo del fariseo Ezio Mauro, invece, è molto più difficile. Sulla Repubblica di ieri, per esempio, a parte la solita e molesta presenza di un elemento pessimo del calibro di Federico Fubini (clicca per leggere), campeggiava in prima pagina una analisi di Paul Krugman tradotta da Marzia Porta (clicca per leggere). 
Bene, direte voi ingenuamente, finalmente la grande stampa rilancia il pensiero di un prestigioso pensatore liberal americano anziché i soliti peana dei soliti tromboni in difesa dell’ordine costituito. Mi spiace deludervi, ma, il vostro iniziale entusiasmo potrebbe scemare dopo una attenta lettura dell’articolo indicato. Fra le innumerevoli e lucide analisi vergate da Krugman negli ultimi anni per demolire le politiche economiche della Ue, quale fra queste viene casualmente rilanciata con palese risalto dalle parti di Largo Fochetti? Proprio quella nella quale, sbagliando, Krugman riversa inopportuni elogi nei confronti di uno dei principali responsabili del disastro che viviamo: ovvero il Venerabilissimo Maestro Mario Draghi. Dopo avere ricordato le critiche ricevute da Draghi da alcuni economisti tedeschi in virtù della decisone di tagliare i tassi, Krugman azzarda: “Simili insinuazioni sono estremamente ingiuste nei confronti di Draghi, i cui sforzi per contenere la crisi del’euro sono al limite dell’eroico”. Per una volta, con sommo gaudio di Repubblica, Krugman ha scritto una sonora fesseria. Spiace notare come un uomo di grandissimo ingegno possa farsi irretire da una costruzione narrativa chiaramente fuori dalla realtà. Draghi e Weidmann(capo della BuBa) recitano da anni con successo la parte del poliziotto buono e del poliziotto cattivo, lavorando in comunione di intenti non per salvare l’euro, che è un falso obiettivo, quanto per destrutturare il welfare europeo (clicca per leggere) così come tra l’altro ampiamente previsto con lungimiranza in tempi non sospetti dallo stesso Krugman. Come si spiega allora l’improvvida sviolinata (subito sfruttata dai sepolcri imbiancati di Repubblica) del premio nobel all’indirizzo del capo della Bce, membro forte di quella Troika responsabile di tutto il sangue versato nei Paesi mediterranei dell’area euro a partire dalla Grecia? L’unica spiegazione che mi viene in mente, a parte l’indiscussa capacità di Draghi di fiutare il vento e cambiare colore a seconda delle circostanze, riguarda la comune appartenenza di Krugman e Draghi al paramassonico Group of thirty (clicca per leggere). Probabilmente la speranza di Krugman, in perfetta buona fede e con sincerità d’animo, è quella di recuperare il “fratello che sbaglia” alla causa della verità e della giustizia. Ci dispiace far presente a Krugman che, pur cogliendo la nobiltà del suo gesto, il suo proposito è oggettivamente irrealizzabile. Questa volta il Venerabile e camaleontico Maestro Draghi ha ampiamente varcato il Rubicone.

Francesco Maria Toscano 

PAUL KRUGMAN E IL “FRATELLO DRAGHI CHE SBAGLIA”




Non esiste in Italia un giornale che non sia complice del piano di sterminio in danno del popolo italiano. Con sensibilità e approcci differenti, tutte le principali testate hanno lavorato con malizia e astuzia per nascondere ai cittadini le vere finalità insiste in quelle politiche di austerità falsamente spacciate quale unico rimedio per uscire da un crisi inafferrabile. Secoli di storia dell’economia dimostravano con chiarezza l’assurdità di alcune ricette,dolorose quanto necessarie, imposte da partiti corrotti ed etero-diretti dall’esterno “per il bene del Paese”. Finalmente in molti cominciano a capire che la crisi altro non è se non un grimaldello strumentale, maneggiato da élite schiaviste e assassine, utile per distruggere secoli di progresso, civiltà e uguaglianza. 
Naturalmente l’informazione italiana, controllata in massima parte dalla massoneria reazionaria, copre questo disumano progetto politico con accenti, metodi e sfumature differenti. I complici cartacei del neonazismo tecnocratico oggi dominante in Europa si dividono fondamentalmente in due macrocategorie: da una parte i killer diretti e consapevoli in stile Ferruccio de Bortoli e il Corriere della Sera; dall’altra i sadici mascherati e fintamente pietosi che si aggirano dalle parti di Repubblica. Il risultato di insieme è ottimo, perché la pubblica opinione finisce con l’essere stordita attraverso un sapiente gioco delle parti. Il Corriere mena, mentre la Repubblica maschera cause e autori del massacro. Siamo di fronte cioè alla trasposizione su un piano differente di quell’ipocrita rituale che abbiamo già analizzato con riguardo ad alcune figure politiche fintamente critiche e progressiste (clicca per leggere). 
Mi sono accorto di preferire i malvagi a viso aperto anziché quelli propensi a versare di continuo copiose lacrime di coccodrillo. I vari Giavazzi, Alesina,Sergio Romano e Antonio Polito, perlomeno, non si sforzano di apparire migliori di quello che sono. Credono nella costruzione di una società fondata sul sopruso, lo sfruttamento e la barbarie esercitata con la forza della violenza economica da una ristretta aristocrazia finanziaria cementata da comuni appartenenze massonico-reazionarie e, coerentemente, usano la penna (a pagamento) per favorire il rapido trionfo di quei progetti meschini e ideologicamente nazisti che hanno intimamente sposato. 
Questi tipi fanno tornare alla mente il fortunato slogan di quella famosa campagna pubblicitaria andata in onda agli inizio degli anni novanta per sensibilizzare i cittadini contro il pericolo Aids: “Se lo conosci lo eviti”. 
Conoscere le vere e recondite intenzionalità perseguite dalle melliflue penne che lavorano sotto l’illuminato controllo del fariseo Ezio Mauro, invece, è molto più difficile. Sulla Repubblica di ieri,

venerdì 15 novembre 2013

L’Eurozona ha il destino segnato: Collasserà senz'altro!

Parliamo spesso di Crisi dell’Euro. Abbiamo sviscerato la questione squilibri in decine di post. Abbiamo anche accennato alla questione Democrazia in un paio di Post. Ora vorrei analizzare un aspetto a mio modo di vedere tutt’altro che secondario: il fatto che sostanzialmente l’Euro e’ governato da entita’ sostanzialmente IRRESPONSABILI.

Mi spiego meglio; chi sono gli attori che regolano e decidono le sorti dell’Eurozona:

a) La Commissione Europea: e’ l’organo esecutivo e promotore del processo legislativo dell’Unione Europea. I membri sono nominati dagli stati. Propone norme che devono essere approvate dal Parlamento Europeo e dal Consiglio dell’Unione europea.

b) Il Parlamento Europeo: eletto a scrutinio universale, ha una funzione di controllo e detiene il potere legislativo.

c) ll Consiglio dell’Unione europea noto anche come Consiglio dei Ministri Europei, detiene – insieme col Parlamento Europeo – il potere legislativo. In sostanza e’ composto da un rappresentante di ciascuno Stato membro a livello ministeriale.

d) La Banca centrale europea e’ la Banca Centrale incaricata dell’attuazione della politica monetaria per i 17 paesi dell’Eurozona. Il suo capitale e’ sottoscritto per il 70% da Banche Centrali di paesi dell’eurozona, il 30% da paesi della UE non appartenenti all’area euro. Il Consiglio generale della BCE è composto dal presidente e dal vicepresidente della BCE e dai governatori delle BCN dei 27 paesi membri dell’UE.


Fermiamoci un momento, e poniamoci una domanda semplice semplice: ma tutta questa pletora burocratica, al di la’ del legittimo interesse a “perdurare”, a chi risponde?

I Membri della Commissione e del Consiglio rispondonono sostanzialmente agli Stati che li eleggono. Ma anche i membri del consiglio della BCE ed i membri del Parlamento sono sostanzialmente condizionati dagli stati che li esprimono. La BCE addirittura risponde al 30% a Stati dell’area Non Euro. Per dirla in breve: nessuno dei membri direttivi che decide il destino dell’Unione Europea e dell’Eurozona in particolare, risponde seriamente alla popolazione Europea nel suo complesso, ma tendono a rispondere essenzialmente agli Stati Nazionali.

In un Marasma di IRRESPONSABILITA’ come questo, sostanzialmente NESSUNO HA INTERESSE A FARE L’INTERESSE DELL’UNIONE EUROPEA NEL SUO INSIEME, E TUTTI HANNO IL SOSTANZIALE INTERESSE DI “PERPETUARE SE’ STESSI” E DI “MASSIMIZZARE GLI INTERESSI DEGLI STATI DA CUI PROVENGONO”.

Abbiamo contestato l’Euro dal punto di vista economico, ma appare del tutto assurdo che l’Euro non sono solo non abbia alle spalle una costruzione Democratica, ma l’architettura di fondo e’ anche basata sull’Irresponsabilita’: nessuno risponde al Popolo Europeo o dell’Eurozona nel suo insieme.

Ora, andando al sodo, alla fine, nell’Unione Europea e nell’Eurozona, chi sostanzialmente “conta qualcosa” sono i “governi degli stati nazionali”. Il punto e’ che i governi degli Stati hanno tra loro interessi ed obiettivi completamente divergenti tra loro: costoro rispondono agli elettorati delle proprie nazioni, e non ai cittadini di altre nazioni, per cui l’obiettivo fondamentale e’ quello di massimizzare gli interessi nazionali.

Un meccanismo di questo tipo, per definizione tende alla BUROCRATIZZAZIONE ed all’IMMOBILISMO. Di fronte ad interessi fortemente divergenti, la decisione piu’ ovvia e ricorrente e’ quella di non decidere. Quando poi viene deciso qualcosa (generalmente in ritardo), sostanzialmentemente la Decisione e’ connessa ad un accordo (generalmente al ribasso) tra i governi di 2 nazioni ben precise: Francia e Germania, che sono le 2 nazioni piu’ potenti ed influenti. Ovviamente, le poche volte che decisono qualcosa, lo fanno minimizzando i Danni a casa propria, e massimizzando i disastri altrove.

Tutto chiaro?

L’EURO non e’ solo un esperimento con risultati discutibili dal punto di vista economico, ma ha anche alle spalle una Costruzione Anti-Democratica e fortemente inefficente, che non puo’ per definizione rinnovare se’ stessa. L’Euro e’ l’antitesi della Liberta’, e l’Euro-zona ha grosse somiglianze con l’URSS, che metteva insieme Stati diversi tra loro, in cui pero’ alla fin fine uno era meno “diverso” degli altri (la Russia). Come per l’URSS, anche nell’Eurozona, vive una Burocrazia autoreferenziale e chi ha le leve del potere non risponde direttamente al Popolo nel suo complesso. Almeno nell’URSS un Leader esisteva, nell’Eurozona manco questo, e di fatto il gioco prevalente e’ darsi spintoni.

Come collasso’ l’URSS sotto il peso della sua follia, altrettanto collassera’ l’attuale costruzione Europea, perche’ entrambe hanno 3 limiti:

- Sono per loro natura “immobili” ed incapaci a rinnovarsi

- Sono contrarie ad ogni principio di Responsabilita’ e di Liberta’

- Sono costruzioni artificiali prive di anima e di un collante duraturo, e soprattutto non c’e’ convenienza ai cittadini europei nel loro complesso allo stare insieme

Chi ha pensato l’Euro ha fatto un errore drammatico: ha accelerato il processo di integrazione della UE partendo dall’ultimo elemento che bisognava mettere in comune, la moneta. La Governance dell’Eurozona, come gia’ detto, e’ un mix tra l’URSS e la Repubblica di Bananas, incapace per definizione di riformarsi. L’integrazione dei sistemi fiscali, dei mercati del lavoro e delle strutture produttive, e la mancanza di un sistema di trasferimenti interno, necessariamente producono un sistema squilibrato destinato all’implosione.

La Storia ci dice chiaramente che gli esperimenti di “Costruzioni Sovrannazionali”, generalmente nel tempo Implodono, e la conseguenza e’ il ritorno agli Stati Nazione. Potrei citare l’URSS, la Yugoslavia, l’Austria-Ungheria o gli Imperi Coloniali, tutti alla fine irrimediabilmente collassati su se’ stessi. Esistono ovviamente rare eccezioni, come la Svizzera per esempio, che pero’ hanno sempre conservato gli elementi per non disgregarsi, in primis la Liberta’ e la convenienza nello stare insieme, elementi che mi sembrano stiano venendo a mancare nell’Eurozona. Se ci pensate bene, l’Eurozona non ha collanti di alcun genere, a parte l’Euro: niente principi in comune, niente politiche estere in comune, niente interessi economici in comune, e neppure in comune lingua, religione o quant’altro. Qualcuno pensa realmente che una costruzione di questo tipo, possa reggere nel lungo periodo?



By GPG Imperatrice


L’Eurozona ha il destino segnato: Collasserà senz'altro!

Parliamo spesso di Crisi dell’Euro. Abbiamo sviscerato la questione squilibri in decine di post. Abbiamo anche accennato alla questione Democrazia in un paio di Post. Ora vorrei analizzare un aspetto a mio modo di vedere tutt’altro che secondario: il fatto che sostanzialmente l’Euro e’ governato da entita’ sostanzialmente IRRESPONSABILI.

Mi spiego meglio; chi sono gli attori che regolano e decidono le sorti dell’Eurozona:

a) La Commissione Europea: e’ l’organo esecutivo e promotore del processo legislativo dell’Unione Europea. I membri sono nominati dagli stati. Propone norme che devono essere approvate dal Parlamento Europeo e dal Consiglio dell’Unione europea.

b) Il Parlamento Europeo: eletto a scrutinio universale, ha una funzione di controllo e detiene il potere legislativo.

c) ll Consiglio dell’Unione europea noto anche come Consiglio dei Ministri Europei, detiene – insieme col Parlamento Europeo – il potere legislativo. In sostanza e’ composto da un rappresentante di ciascuno Stato membro a livello ministeriale.

d) La Banca centrale europea e’ la Banca Centrale incaricata dell’attuazione della politica monetaria per i 17 paesi dell’Eurozona. Il suo capitale e’ sottoscritto per il 70% da Banche Centrali di paesi dell’eurozona, il 30% da paesi della UE non appartenenti all’area euro. Il Consiglio generale della BCE è composto dal presidente e dal vicepresidente della BCE e dai governatori delle BCN dei 27 paesi membri dell’UE.


Fermiamoci un momento, e poniamoci una domanda semplice semplice: ma tutta questa pletora burocratica, al di la’ del legittimo interesse a “perdurare”, a chi risponde?

I Membri della Commissione e del Consiglio rispondonono sostanzialmente agli Stati che li eleggono. Ma anche i membri del consiglio della BCE ed i membri del Parlamento sono sostanzialmente condizionati dagli stati che li esprimono. La BCE addirittura risponde al 30% a Stati dell’area Non Euro. Per dirla in breve: nessuno dei membri direttivi che decide il destino dell’Unione Europea e dell’Eurozona in particolare, risponde seriamente alla popolazione Europea nel suo complesso, ma tendono a rispondere essenzialmente agli Stati Nazionali.

In un Marasma di IRRESPONSABILITA’ come questo, sostanzialmente NESSUNO HA INTERESSE A FARE L’INTERESSE DELL’UNIONE EUROPEA NEL SUO INSIEME, E TUTTI HANNO IL SOSTANZIALE INTERESSE DI “PERPETUARE SE’ STESSI” E DI “MASSIMIZZARE GLI INTERESSI DEGLI STATI DA CUI PROVENGONO”.

Abbiamo contestato l’Euro dal punto di vista economico, ma appare del tutto assurdo che l’Euro non sono solo non abbia alle spalle una costruzione Democratica, ma l’architettura di fondo e’ anche basata sull’Irresponsabilita’: nessuno risponde al Popolo Europeo o dell’Eurozona nel suo insieme.

Ora, andando al sodo, alla fine, nell’Unione Europea e nell’Eurozona, chi sostanzialmente “conta qualcosa” sono i “governi degli stati nazionali”. Il punto e’ che i governi degli Stati hanno tra loro interessi ed obiettivi completamente divergenti tra loro: costoro rispondono agli elettorati delle proprie nazioni, e non ai cittadini di altre nazioni, per cui l’obiettivo fondamentale e’ quello di massimizzare gli interessi nazionali.

Un meccanismo di questo tipo, per definizione tende alla BUROCRATIZZAZIONE ed all’IMMOBILISMO. Di fronte ad interessi fortemente divergenti, la decisione piu’ ovvia e ricorrente e’ quella di non decidere. Quando poi viene deciso qualcosa (generalmente in ritardo), sostanzialmentemente la Decisione e’ connessa ad un accordo (generalmente al ribasso) tra i governi di 2 nazioni ben precise: Francia e Germania, che sono le 2 nazioni piu’ potenti ed influenti. Ovviamente, le poche volte che decisono qualcosa, lo fanno minimizzando i Danni a casa propria, e massimizzando i disastri altrove.

Tutto chiaro?

L’EURO non e’ solo un esperimento con risultati discutibili dal punto di vista economico, ma ha anche alle spalle una Costruzione Anti-Democratica e fortemente inefficente, che non puo’ per definizione rinnovare se’ stessa. L’Euro e’ l’antitesi della Liberta’, e l’Euro-zona ha grosse somiglianze con l’URSS, che metteva

mercoledì 13 novembre 2013

Ma cosa diavolo dici Grillo?..fai pace con il cervello!!



In uno degli ultimi articoli scritti da Paul Krugman sul New York Times, mi ha molto colpito questa frase: “La Francia ha commesso l’imperdonabile errore di essere fiscalmente responsabile senza infliggere dolore alle classi povere e disagiate. E deve essere punita”. In particolare l’economista americano si riferiva al recente declassamento dell’agenzia di rating Standard&Poor’s, e ai continui ammonimenti della Commissione europea riguardo allescelte di politica fiscale del governo francese (superamento della fantomatica soglia del deficit pubblico del 3%): in pratica, ad avviso delle èlite finanziarie internazionali, non bisogna distruggere l’economia e il tessuto produttivo nazionale solo con gli aumenti delle tasse, come fa Hollande oggi, ma anche e soprattutto con i tagli alla spesa pubblica, in particolare quelli riguardanti il generoso stato sociale concesso ancora ai cittadini francesi. Per rendere rapidamente un paese innocuo e schiavo delle oligarchie transnazionali bisogna mettere a punto quelle fondamentali“riforme strutturali” del mercato del lavoro, del sistema pensionistico, del welfare state, senza le quali un popolo ancora sano, ancora orgoglioso della propria identità nazionale, può avere un giorno o l’altro la forza di riscattarsi dal giogo della dittatura europeista e più in generale dalla minacciosa omologazione globalista. E non a caso il movimento politico anti-europeista più vivace e organizzato del continente sia proprio francese, il Front National di Marine Le Pen.

I francesi insomma sono ancora innamorati del loro paese, e non sono stati condotti lentamente ad odiarlo come è accaduto a noi italiani negli ultimi venti anni: la peggiore classe dirigente di tutti i tempi non solo ha applicato alla lettera tutte le indicazioni ultraliberiste provenienti dai “mercati” e dalla Commissione europea, ma si è anche distinta per essere la prima della classe nella rapida attuazione dei diktat recessivi. Non solo aumenti sproporzionati delle tasse scaricati soprattutto sui ceti più deboli, ma anche tagli lineari e indifferenziati della spesa pubblica che hanno riguardato la sanità, l’istruzione, la ricerca, il sistema previdenziale e assistenziale, le dismissioni, le privatizzazioni. E in un periodo di recessione, il taglio della spesa pubblica è molto più letale dell’aumento delle tasse, perché mentre il primo annulla immediatamente gli effetti diretti di aumento del reddito e indiretti del moltiplicatore fiscale, il secondo spesso incide solo sui risparmi e sui patrimoni accumulati, lasciando inalterato il livello dei consumi (almeno per coloro che avevano ancora dei risparmi e dei patrimoni da utilizzare per pagare le tasse). E non sarà magari un caso che proprio oggi sul blog di Beppe Grillo è apparso un articolo di accusa nei confronti del governo Letta, che dipinge il giovane apprendista stregone piddino come un Quisling e un collaborazionista agli ordini delle potenze e degli interessi stranieri.

Vuoi vedere, mi sono detto, che il lobotomizzato e sonnacchioso Beppe Grillo si è ridestato dal torpore, prendendo spunto dal coraggio e dall’orgoglio nazionale della francese Le Pen? Niente paura, perché proprio alla fine del suo vibrante editoriale, Beppe Grillo si è invece nuovamente qualificato per quello che è: un “idiota”, che non capisce (o capisce perfettamente) che le sue incessanti indicazioni di taglio della spesa pubblica vanno proprio incontro alle premurose richieste dei “mercati” e della Commisione europea, in vista della definitiva distruzione dello Stato italiano e della messa in schiavitù del suo popolo. Ecco le sue testuali parole: “Vanno tagliati gli sprechi, le spese inutili che ammontano a circa 100 miliardi. Queste voragini nel bilancio dello Stato non possono però essere eliminate da chi ne gode i benefici, dai partiti e dai Letta, che appunto per questo vanno mandati a casa.” Ebbene il buffone di corte, senza mai avere alcuna contezza delle teorie keynesiane espresse da certi economisti di cui impunemente si appropria (Stiglitz e Krugman sono i suoi preferiti), vuole addirittura fare un taglio della spesa pubblica di ben 100 miliardi, senza neppure spiegare se questi 100 miliardi verranno in qualche modo reinvestiti dallo Stato o utilizzati soltanto per rimborsare i nostri creditori stranieri. Insomma è come se il nuovo Quisling Grillo voglia mandare questo preciso messaggio ai “mercati” e alla Commissione europea: “fate fare a me, che sono più amato e benvoluto dagli italioti, ciò che i vari Letta o Alfano o Monti non possono più fare perché troppo odiati e sfiduciati”. E’ una vera e propria candidatura al ruolo di sommo collaborazionista e altissimo traditore della patria.

Ma Grillo è talmente “idiota” da non accorgersi che ciò che dice successivamente è in contraddizione con ciò che ha appena scritto (o meglio perfettamente in linea con la sua “idiozia”): “Vanno rinegoziati con la UE il tetto del 3% che ci strangola, che va superato da subito per gli investimenti in attività produttive, ristrutturato il nostro debito, cancellati gli impegni impossibili assunti con il Fiscal Compact con nuove tasse per 50 miliardi all'anno per vent'anni, una pazzia". Ma come, prima vuoi tagliare la spesa pubblica con l’accetta e poi vuoi espandere la soglia del deficit? E cosa vuoi fare prima, il taglio o l’espansione? E visto che la ristrutturazione del debito comporterà un aumento degli interessi, come fai a pagare i costi del nuovo indebitamento, per giunta in una moneta straniera? Potrebbe spiegarci poi Grillo cosa intende per investimento in attività produttive, e quale sia il labile confine con gli sprechi e le spese inutili? Grillo crede davvero che sia possibile rinegoziare con la Germania il Fiscal Compact senza mettere in discussione l’euro, visto che uno è la naturale conseguenza dell’altro? Questo purtroppo è ciò che accade quando si vuole tenere il piede in due scarpe: con una si vuole cavalcare l’onda della rabbia e della rivolta sociale, e con l’altra si cerca di garantire assoluta sudditanza di fronte ai poteri sovranazionali che vogliono continuare a massacrarci. La follia e la pazzia pura. Ecco perché dobbiamo cercare di abbandonare quanto prima Grillo al suo destino, al manicomio, e continuare il nostro percorso verso la riconquista della sovranità nazionale ad ogni livello, che è l’unica premessa per la ripresa politica, economica e sociale del paese. 


Sovranismo che non è affatto sinonimo di nazionalismo, chiusura, autarchia, ma un modo alternativo e sostenibile di affrontare le nuove sfide di governo della complessità. Sovranismo deve essere sinonimo diprevalenza dei principi e dei diritti costituzionali su cui si costruisce la democrazia rispetto alle asettiche leggi economiciste su cui si fonda la dittatura finanziaria e commerciale delle oligarchie transnazionali. “L'autonomia individuale non esclude ma anzi implica il senso di appartenenza a un particolare gruppo sociale e culturale. Non c'è autonomia e libertà senza radici nella particolarità di un territorio, senza identificazione intellettuale, sentimentale ed emotiva con una storia, una cultura, una lingua, un destino comune. E non c'è sicurezza ma dispersione e solitudine senza solidarietà, condivisione, un senso di omogeneità, una qualche spontanea intimità nei rapporti sociali. Solo chi dispone di solide radici identitarie riconosce l'identità altrui, rispetta la differenza, cerca il dialogo con gli altri, rifugge da ogni fondamentalismo e dogmatismo, è sicuro che l'incontro fra le diverse culture e civiltà del pianeta non è soltanto la condizione della pace ma è anche un patrimonio evolutivo irrinunciabile per la specie umana. (Danilo Zolo, “Il Tramonto della Democrazia nell’Era della Globalizzazione”). E a tal proposito vi consiglio di leggere questa analisi lucidissima scritta da Fabio Falchi e pubblicata qualche tempo fa sulla rivista Eurasia, in cui l’importanza della sovranità nazionale viene commisurata agli scenari geopolitici che ci attendono.



Di Fabio Falchi 


Mentre va in scena l’ultimo (?) atto di “Finale di partita all’italiana”, una commedia dell’assurdo che rischia di finire in tragedia per milioni di italiani, si moltiplicano gli articoli e le prese di posizione contro l’Eurozona (e non solo in rete). Su questo argomento, se particolare importanza hanno le analisi diAlberto Bagnai o Bruno Amoroso, si deve a Jacques Sapir l’aver fatto, con grande chiarezza e semplicità, il punto della situazione nel suo recente articolo “Lo scioglimento dell’euro, un’idea che siimporrà nei fatti”. Sapir infatti dimostra che, mentre i media per ragioni politiche e ideologiche cercano di mettere in evidenza il fatto che la cosiddetta “ripresa” dovrebbe essere già cominciata, in realtà tutti gli indicatori economici provano il contrario.


Invero ciò non dovrebbe stupire granché gli italiani che vivono quotidianamente gli effetti della crisi sula loro pelle. Con l’indice della produzione industriale che ha perso ben venti punti percentuali dal 2007, con il tasso di disoccupazione giovanile che ha superato addirittura il 40%, con una pressione tributaria simile a quella dei Paesi scandinavi ma con servizi da “terzo mondo”, resi ancora più inefficienti o carenti dalla “macelleria sociale” degli ultimi governi, con il potere d’acquisto delle famiglie diminuito del 4,7% e con il diffondersi della povertà in ampi strati della popolazione, anche a causa di una continua redistribuzione della ricchezza verso l’alto, pare ovvio che a un numero crescente di italiani non possa sfuggire quale sia la reale condizione del nostro Paese.

D’altronde, sarebbe difficile mettere in dubbio i vantaggi che l’euro ha arrecato alla Germania, la quale, grazie ad una politica (che alcuni hanno definito “clandestina” o anche “beggar the neighbour”, ossia “frega il tuo vicino”) incentrata sulle riforme del lavoro firmate da Peter Hartz (già capo del personale della Volkswagen), ha “esportato” tra i quattro e cinque milioni di disoccupati nei Paesi più “deboli” dell’Eurozona e incrementato enormemente il surplus della propria bilancia commerciale. In sostanza, fruendo di un cambio favorevole (l’euro di fatto è un “marco leggero”) e aumentando i profitti delle imprese a scapito del reddito dei lavoratori, la Germania, dopo l’inizio della crisi, ha triplicato il saldo positivo della bilancia commerciale con l’Italia, la Francia e la Spagna, che è passato dall’8,44% alla cifra stratosferica del 26,03%.

Un costo pagato anche da molti tedeschi, dato che il 10% della popolazione tedesca possiede il 53% della ricchezza nazionale (cresciuta tra il 2001 e il 2012 di circa 1400 miliardi di euro), mentre i “mini jobs”, contratti iperflessibili da circa 20 ore settimanali con uno stipendio di 450 euro netti, ormai riguardano 7,3 milioni di persone (il 70% delle quali non ha alcun altro reddito). Eppure in Germania – in cui comunque vi è ancora unoStato sociale tutt’altro che insignificante o inefficiente (non si deve dimenticare che la Germania ha potuto fare certe scelte partendo da posizioni di altissimo livello per quanto concerne la politica sociale) – è ampiamente diffusa dai media (che possono far leva su alcuni noti pregiudizi che caratterizzano la cultura tedesca) la concezione secondo cui i sacrifici dei tedeschi dipenderebbero dai danni compiuti dalle “cicale” mediterranee. Un quadro ben distante dalla realtà, nonostante non si possano ignorare le gravi responsabilità delle classi dirigenti dell’Europa del sud.

Tra l’altro non è nemmeno vero che gli europei con l’introduzione dell’euro starebbero meglio o che la Germania sia la locomotiva d’Europa. Come scrive Bagnai, i dati provano che l’Eurozona si sta rivelando una sorta di gioco a somma zero in cui la Germania tira da una parte e gli altri da quella opposta. Inevitabile quindi ritenere che «la leadership tedesca abbia portato il nostro subcontinente alla catastrofe, allontanandoci in modo persistente e, nel prossimo futuro, irreversibile, dal tenore di vita dei paesi avanzati ai quali avremmo la legittima aspettativa di appartenere».

Tuttavia, quel che più rileva non è tanto la valutazione dei costi economici e sociali derivanti dall’introduzione dell’euro quanto piuttosto il fatto che non è possibile porre rimedio agli squilibri che si sono generati nell’Eurozona finché si continuerà a difendere la moneta unica europea. Al riguardo, si deve tener presente che il “federalismo europeo” (“bandiera” di quegli europeisti che non sanno neppure distinguere l’Europa dall’Eurozona), oltre ai problemi politici che presenta (com’è noto un buon numero di Paesi dell’Ue, tra cui la Gran Bretagna, la Danimarca, la Svezia e la Polonia, non hanno alcuna intenzione di rinunciare alla propria sovranità nazionale – ma in realtà ciò vale anche per la Francia e la stessa Germania), implicherebbe un gigantesco trasferimento di ricchezza dall’Europa del nord a quella del sud. E la Germania dovrebbe sopportare il 90% del finanziamento di questa operazione, equivalente a circa 230 miliardi di ​​euro all’anno (circa 2.300 miliardi in dieci anni), ossia tra l’8% e il 9% del suo Pil (altre stime arrivano perfino al 12,7% del suo Pil). Chiunque può pertanto rendersi conto che sarebbe assai più facile che un cammello passasse attraverso la cruna di un ago.


Logico dunque che Jacques Sapir ritenga inevitabile l’abbandono della moneta unica europea e che, dopo aver preso in esame i possibili scenari che possono derivare dalla fine di Eurolandia, concluda: «Lo scioglimento dell’euro, in queste condizioni, non segnerebbe la fine dell’Europa, come si pretende, ma al contrario la sua rimonta nell’economia globale, e per di più una rimonta da cui potrebbero trarre beneficio in maniera massiccia, sia per la crescita che la nascita nel tempo di uno strumento di riserva, i paesi in via di sviluppo dell’Asia e dell’Africa».


Considerazioni e conclusioni – quelle di Sapir e Bagnai – che nella sostanza, a nostro giudizio, non si possono non condividere, anche perché fondate su analisi rigorose, nonché sull’ovvia constatazione che una moneta senza uno Stato è nel migliore dei casi un’assurdità (si badi che buona parte degli economisti che oggi difendono l’euro a spada tratta prima dell’introduzione dell’euro erano decisamente contrari alla moneta unica europea), così com’è assurdo pensare che sia possibile costruire il “federalismo europeo” tramite scelte politiche ed economiche del tutto contrarie agli interessi “reali” di chi dovrebbe compierle. E se ciò non bastasse si potrebbe pure ricordare che senza un “federalismo europeo” nulla o quasi si potrebbe fare contro la “speculazione finanziaria”.


Nondimeno, è palese che non è sufficiente, per comprendere la crisi di Eurolandia, considerare solo le questioni attinenti all’economia e alla finanza. Come spiegare altrimenti il fatto che una classe dirigente come quella italiana non cerchi in alcun modo di contrastare ma anzi favorisca una politica che sta devastando il nostro Paese? Per quale motivo cioè i nostri politici o meglio quei membri della nostra classe dirigente – politici o tecnocrati che siano – che tirano effettivamente le fila della politica italiana non si sono opposti né si oppongono nemmeno adesso a decisioni le cui conseguenze disastrose per l’Italia ormai sono evidenti a tutti coloro che hanno occhi per vedere? Insomma è certo che la Germania riesce a trarre il massimo profitto da una situazione geopolitica estremamente favorevole per la sua economia e che quindi l’euro è solo un aspetto, benché non marginale, del problema che si dovrebbe risolvere.


Non è certo un caso che l’introduzione dell’euro sia avvenuta il più rapidamente possibile dopo il crollo del Muro di Berlino e la riunificazione della Germania, il cui significato politico può sfuggire solo a coloro che non conoscono (o fanno finta di non conoscere) gli ultimi centocinquanta anni della storia europea. In definitiva, è lecito affermare che la soluzione della “questione tedesca” era e rimane ancora il principale obiettivo dei “circoli euroatlantisti”, i quali non potrebbero tollerare che Eurolandia si sfasci e la Germania venga tentata – anche solo seguendo delle “direttrici geoeconomiche” – di “sbilanciarsi” dalla parte dei Brics (soprattutto in una fase storica in cui l’America, oltre ad avere serie difficoltà economiche, sembra priva di “iniziativa strategica” e incapace di contrastare con successo la crescita di altre potenze o di altri “poli geopolitici”, che cominciano pure a “fare pressione” per una radicale ridefinizione degli equilibri mondiali).


Da qui la necessità, secondo le “direttive strategiche” d’oltreoceano, per la classe dirigente italiana – che a partire dagli anni Novanta ha consapevolmente scelto di “liquidare” il patrimonio strategico nazionale a vantaggio dei “mercati” – di contribuire a qualsiasi costo alla soluzione della “questione tedesca”. E il compito fondamentale dell’Italia, secondo gli “strateghi euroatlantisti” consiste proprio nel favorire il più possibile la Germania (onde “saldarla” all’Atlantico), cedendo la propria sovranità non all’Europa (come invece molti intellettuali e giornalisti italiani affermano, scagliandosi contro gli italiani “brutti, sporchi e cattivi” ma “ignorando” che per milioni di italiani è un problema perfino, come si suol dire, mettere il pranzo insieme con la cena o che parecchie scuole non solo hanno “lesioni strutturali” ma hanno perfino problemi per acquistare la carta igienica), bensì ai tecnocrati di Bruxelles e alla Bce (la cui vera funzione non è un mistero per nessuno, tanto è vero che non occorre precisare a quali poteri la Bce debba rispondere).


Peraltro, si deve tener presente che non si tratta solo di “tradimento” del proprio Paese da parte della nostra classe dirigente (o almeno dei suoi membri più importanti), dato che quest’ultima condivide valori e stili di vita che la portano ad anteporre il cosiddetto “mondo occidentale” all’Italia (problema estremamente serio se si considera pure l’americanizzazione della nostra società, in specie delle nuove generazioni). Inoltre la nostra classe dirigente e, in generale, le classi sociali più abbienti sono perfettamente consapevoli che mettere in discussione l’euro, rebus sic stantibus, comporterebbe anche mettere in discussione quei meccanismi di redistribuzione della ricchezza e quella “riforma” dello Stato sociale in base ai quali sarebbe assai poco significativa per le fasce sociali più deboli (ceti medio-bassi inclusi) perfino una crescita del Pil (che in ogni caso sarebbe assai modesta).


Ma appunto per questo l’euro costituisce quell’anello debole su cui bisognerebbe premere per poter spezzare la “catena geopolitica” che lega il nostro Paese a scelte e decisioni strategiche del tutto opposte a quelle che si dovrebbero prendere se si avesse veramente di mira l’interesse dell’Italia (e di conseguenza della stragrande maggioranza degli italiani), mentre continuando di questo passo tra qualche anno si rischia di non poter nemmeno più difendere alcuna sovranità nazionale, semplicemente perché con ogni probabilità non vi sarà più alcuno Stato italiano, ma solo un territorio deindustrializzato, utile come riserva di manodopera qualificata a basso costo.


E’ indubbio allora che prendere posizione contro l’Eurozona e le misure d’austerità imposte dalla Bce e dai tecnocrati di Bruxelles (indipendentemente dalla questione se sia meglio optare per due euro o tornare alla lira o scegliere altre soluzioni) sia essenziale per recuperare quella sovranità che è il presupposto necessario di ogni autentica politica (antiatlantista) che abbia come scopo quello di sottrarre lo Stato alla morsa dei “mercati”. Questo però è possibile – vale la pena di rimarcarlo – solo a patto che non si perdano di vista i reali rapporti di forza tra gli Stati Uniti e l’Ue e si comprenda qual è la vera posta in gioco sotto il profilo geopolitico e geoeconomico, tanto più adesso che in Europa si sta facendo strada la proposta statunitense di creare un “mercato transatlantico”, che renderebbe impossibile una autentica unione politica europea, trasformando l’intera Europa in una “appendice occidentale” degli Usa – ad ulteriore conferma del ruolo determinante del “politico” se non lo si intende come sinonimo di “politica” ma (correttamente) come strategia per la soluzione dei conflitti tra diversi attori (geo)politici e/o sociali.


Si può pertanto ritenere che l’attuale crisi politica italiana possa influire ben poco sulle sorti del nostro Paese, mentre decisivo sarebbe sfruttare la (probabile) fine dell’era (anti)berlusconiana, mettendo da parte lo spirito di fazione, al fine di dar vita ad una nuova forza politica di tipo “nazional-popolare” (che tenga conto cioè anche dei codici culturali ancora, nonostante tutto, condivisi da non pochi italiani), il cui compito principale dovrebbe essere quello di impedire il declino dell’Italia (le cui conseguenze sarebbero gravissime, in primo luogo, proprio per i ceti popolari e medio-bassi). In quest’ottica si dovrebbero cercare collegamenti con altre forze politiche europee, anch’esse interessate ad un rifondazione dell’Europa che non implichi la dissoluzione della identità nazionale nel “mercato globale”, ossia evitando gli eccessi del nazionalismo e di qualsiasi forma di narcisismo identitario, e promuovendo invece sia la nascita di un “polo geopolitico e geoeconomico mediterraneo” distinto da (non opposto a) un “polo baltico” sia una alternativa alle dissennate politiche liberiste. Certo oggi la politica italiana non offre nulla di questo genere, ma una volta che si sia compresa la necessità di difendere le ragioni del cosiddetto “sovranismo” (che pure Jacques Sapir difende) non dovrebbe essere particolarmente arduo poter valutare e giudicare la situazione politica italiana ed europea sulla base di una coerente e “corretta” visione geopolitica, senza lasciarsi fuorviare da “ottusi” schemi concettuali economicistici.

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